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La Basilica di San Francesco presenta, pur nei rifacimenti di stile dell’inizio del secolo scorso, epoca di Alfonso Rubbiani[1], uno dei primi gotici d’Italia. Oggi la grande navata appare luminosa e quasi spoglia, a seguito dei saccheggi napoleonici e degli abbattimenti della seconda guerra mondiale, mentre restano ricche e suggestive le cappelle radiali che, avvolgendo l’abside e aprendosi sul suo deambulatorio, ne fanno una chiesa di pellegrinaggio.

La fondazione del complesso risale alla presenza di san Francesco e del suo primo inviato in Bologna, e conviene inquadrare storicamente la vicenda che ha lasciato un segno forte nella città.

San Francesco nacque nel 1182, ebbe approvata la Regola nel 1209 da papa Innocenzo III[2], e morì nel 1226. San Francesco predicò a Bologna, nella Piazza Comunale ora Piazza Maggiore, il 15 agosto 1222: la sua predicazione è ricordata nelle cronache di Tommaso da Spalato, storico e sacerdote dalmata che, essendo studente a  Bologna, nel 1222 assistette all’evento e ne fu grandemente colpito. A Bologna Francesco aveva già mandato il suo primo seguace, frate Bernardo di Quintavalle (+1241, venerato come beato), il quale aveva conquistato tutti con la sua mitezza e letizia, e aveva preparato nella chiesa di Santa Maria delle Pugliole -avendola ottenuta per i buoni uffici del giureconsulto Nicolò Pepoli dal 1213  – un primo luogo in cui stare e farsi raggiungere da altri frati. La piccola chiesa era ubicata circa dove ora si trova la chiesa di San Carlo in Via del Porto: qui fecero sosta anche San Francesco quando venne a Bologna, e Sant’Antonio. Dal 1236 , per l’interessamento di papa Gregorio IX[3] (E’ da rilevare che le sue azioni si intrecciano con la storia della Chiesa e con la città di Bologna, in quanto canonizzò Francesco di Assisi il 16 luglio 1228, Antonio di Padova il 30 maggio 1232 e Domenico di Guzmán il 3 luglio 1234) i francescani ebbero la possibilità di iniziare l’edificazione del loro complesso conventuale. Il convento fu edificato mentre san Francesco era ancora in vita, e la chiesa venne edificata a nord del convento: liturgicamente orientata, cioè con l’altare a est e l’ingresso a ovest, è in stile gotico francese. Iniziata nel 1236 o 1237, pur opera sostanzialmente collettiva dei Frati Minori, recentemente è stata riconosciuta come opera del francescano frate Malachia da Castromarina coadiuvato dagli architetti Marco da Brescia, che lavorò con il fratello Giovanni, e frate Andrea indicato come “mastro della ghiexa” cioè capomastro della chiesa. Nella narrazione del cronista frate Bartolomeo delle Pugliole, del sec. XIV, si ricorda come il povero frate Andrea ebbe le gambe spezzate quando le volte dell’abside crollarono.

I lavori della chiesa, consacrata nel 1251 (o 54) e ufficialmente completata nel 1263, proseguirono poi ancora diverso tempo.

In corrispondenza dell’attuale piazza Malpighi, c’era allora il vallo extraurbano occidentale, al di là del quale era solo campagna, e vi sorgeva una chiesetta, l’Annunziata di Porta Stiera.

La grande chiesa, insignita del titolo di basilica nel 1935 da papa Pio IX, nelle sue forme appare come il congiungimento fra il romanico e il gotico, partendo dalla facciata decisamente romanica e finendo con la sontuosa abside caratterizzata dai robusti archi rampanti che ne sostengono le cappelle del deambulatorio, archi che inoltre, nell’uso del mattone, fanno registrare un tratto tipicamente bolognese.

Elementi tipici romanici in questa grande costruzione sono i rosoni ricorrenti: nel linguaggio simbolico dell’edificio di culto cristiano i rosoni, da quelli semplicemente circolari, ai più complessi, con raggi e decorazioni, sono sempre simbolo di Cristo.

La circolarità è simbolo della perfezione divina, e i numeri dei raggi o dei lobi è simbolico a sua volta. Il 6 è numero cristologico perché da X e I (Iesus Xristos: il monogramma delle due lettere greche sovrapposte dà un segno a sei punte), oppure l’8 (ottavo giorno, della Resurrezione e dell’ultima venuta di Cristo).

Sulla facciata è romanica anche la serie di scodelle di ceramica smaltata, ormai qui puro elemento decorativo, ma in origine ricollegabile con le scodelle che i crociati riportavano dalla terra Santa e che affiggevano come un “Per Grazia Ricevuta” sulle facciate delle chiese.

Romanici sono i rosoni nell’abside, e la decorazione ad arcatelle cieche sotto la copertura; romanico è il protiro, elemento che deriva dalla contrazione del quadriportico delle basiliche paleocristiane.

Ma nel complesso si inizia a cogliere l’inizio dello stile gotico, che segna il tramonto del romanico in Bologna.

La facciata si apre sull’attuale piazza San Francesco, che per breve tempo fu denominata piazza Francesco de’ Marchi (ingegnere e speleologo italiano del sec. XVI: la ristrutturazione della piazza ha consentito il recupero di un imponente deposito di 14.838 pezzi di bronzo, databile all’VIII secolo circa a. C.), presenta un fronte a capanna tripartito da lesene, che corrisponde allo spazio interno pure tripartito.  Sull’architrave del ricco protiro si legge la seguente iscrizione: ECCLESIA STATIONUM URBIS (chiesa delle stazioni della città[4]) che ne attesta l’importanza nella comunità ecclesiale. Nel timpano, sei formelle altomedievali in stile gotico-veneziano presentano rilievi con animali, più antichi delle cornici in cui oggi appaiono inseriti.

Partendo da sinistra, sulla prima sono presenti due pavoni stilizzati con due uccelli rapaci in cima; sulla seconda due pavoni stilizzati in basso e in alto due aquilotti addossati ad un albero (l’albero della vita). Sulla terza, un leone che azzanna un bue (toro) e sopra un drago sormontato da un animale con becco (l’ippogrifo) che azzanna un bovide. A destra, ancora due pavoni stilizzati in verticale. Sulla seconda una serie di animali addossati a un albero, sulla cui cima sembra esserci un’aquila (la formella è molto rovinata). Infine la terza formella è fortemente degradata ed è difficilmente leggibile. È probabile che anch’essa rappresenti due pavoni allungati e stilizzati simili a quelli presenti sulla prima formella del lato a sinistra.

La figura del pavone ricorre sovente perché nella simbologia cristiana rappresenta l’anima immortale, che si abbevera alla fonte della vita quando si affianchi a un vaso, o si ciba dell’albero della vita quando si affianchi a un motivo vegetale.

L’interno è a tre navate scandite da pilastri ottagonali con altissime (rispetto all’altezza della basilica) volte esapartite (cioè divise in sei vele, come a Notre Dame di Parigi). Nel coro si sviluppa un deambulatorio absidale con corona di nove cappelle a raggiera: lo slancio gotico è notevole, sottolineato dal claristorio luminoso.  Il transetto non sporge dai muri perimetrali.

 

Le cappelle absidali, restaurate o rifatte in tempi moderni, ospitano opere di vario genere. Le pareti delle navate conservano monumenti e lapidi sepolcrali di personaggi illustri,  sepolti in passato nella chiesa o nell’attiguo cimitero, quali: il sepolcro di papa Alessandro V, morto a Bologna nel 1410, e la pietra tombale di Ercole Bottrigari (1531-1562) nella navata settentrionale; nella navata opposta in cenotafio di Giambattista Martini, il grande musicista morto nel 1784, ed il monumento di Pietro Fieschi (morto nel 1492), attribuito a Francesco di Simone Ferrucci, detto Simone da Fiesole (1437 –  1493), che a Bologna lavorò anche al cantiere di San Petronio.

Nella cappella di S. Bernardino (metà XV secolo), che sporge dal muro perimetrale nord, per un certo tempo furono custoditi i preziosi reliquiari della basilica, risalenti alcuni al XIII secolo.
Sul lato orientale del chiostro, Antonio di Vincenzo, l’architetto di S. Petronio, realizzò tra il 1397 ed il 1400 una cappella commissionata da Lippo Muzzarelli, mercante di seta, dove si conservano opere d’arte di epoche diverse, tra cui un Crocefisso ligneo del XIII secolo ed un Cristo risorto frammentario, dipinto per l’antico refettorio da Francesco da Rimini.  Su questa cappella insiste, sempre opera di Antonio di Vincenzo, il secondo campanile.

Il cuore visivo della basilica è la Pala in marmo di Carrara opera di Iacobello e soprattutto di Pier Paolo delle Masegne, fratelli veneziani, realizzata tra il 1388 e il 1392, opera che ha lasciato un segno nell’immaginario collettivo degli architetti e degli scultori che la videro. La Pala, nelle vicende della chiesa, fu spostata e anche smembrata, e alcuni pezzi, andati perduti, sono stati sostituiti. Siamo in presenza di un programma iconografico d’oltralpe, che ritroviamo nella Basilica di San Petronio nella Pala lignea degli stessi artisti nella Cappella Bolognini, in cui la Crocefissione sovrasta il tutto.

Leggiamo la Pala dall’alto. La Crocifissione è opera di Michele Fiorentino del 1603: sulle guglie sottostanti, intorno alla Madonna col Bambino a figura intera (opera di Carlo Chelli del 1845) si trovano figure di profeti. Nel primo ordine sottostante, intorno all’Eterno Padre centrale, ecco i busti dei santi Agostino, Elisabetta d’Ungheria, Lorenzo, e Pietro a sinistra e a destra, Paolo, Bartolomeo, Chiara, Geminiano; nell’ordine sottostante, al cui centro sta l’Incoronazione della Vergine, nelle nicchie, a figura intera, sono i santi Antonio di Padova, Antonio Abate, Petronio, Giovanni Battista a sinistra, e a destra i santi Domenico, Ludovico vescovo di Tolosa, Giacomo, Francesco. Nella predella, nove storie di San Francesco, nelle quali si legge: Francesco rinuncia ai beni terreni, il sogno di papa Innocenzo III che vede Francesco sostenere la chiesa vacillante, la predica di Francesco al Sultano, l’approvazione della Regola francescana, la stigmatizzazione di Francesco, la morte del cavaliere di Celano, Francesco porta la pace in Arezzo, la morte di Francesco, Francesco appare in sogno a  Gregorio IX e gli mostra le stimmate.

La maggior devozione tuttavia, all’interno della basilica, si accentra intorno a un popolare Crocifisso di cartapesta, circondato di numerosissimi ex-voto.

Nelle cappelle:

  • Cappella della Madonna di San Luca
  • Cappella delle Stimmate, con decorazione murale di Achille Casanova del 1905, ancona in maiolica dei F.lli Minghetti del 1905.
  • Cappella della Madonna: decorazione di Achille Casanova, tavola dell’altare i ss. Girolamo e Petronio di Pietro Lianori, 1456.
  • Cappella San Tommaso Apostolo. Decorazione di Pompeo Fortini, 1895; vetrata di Auguste Sezanne, 1894; tavola dell’altare di Jacopo Forti del 1485, mezza figura di S. Tommaso in terracotta di Giuseppe Romagnoli, 1896.
  • Cappella votiva per la pace, con Crocifisso del sec. XIV.
  • Cappella San Giuseppe, cappella Albergati e sepolcri di Vianesio Albergati Juniore, di Francesco di Simone da Fiesole, e di Vianesio seniore, di Lazzaro Casario (+1588).
  • Cappella del beato Guido Spada, con decorazione del Casanova del 1904. Qui la tomba della marchesa Emma Boschi di Giuseppe Romagnoli, 1905, e sull’altare un trittico in terracotta di Arturo Colombarini, 1906.
  • Cappella della Madonna col Bamino, fra i santi Gerolamo e Francesco, di artista emiliano, 1485, restaurata e decorata con opere di Achille Casanova..
  • Cappella di san Giuseppe decorata da A. Gandini, 1928.
  • Cappella di San Bernardino, 1453 circa, oggi dell’Immacolata: la statua oggi visibile è opera di Prudenzio Piccioli (1813-1883), ed è stata incoronata dal Card. Giacomo Lercaro il giorno 1 maggio 1962.

 

Nel portico prospiciente Piazza Malpighi, un tempo detta Seliciata[5] di San Francesco, si vedono nelle lunette Fatti della vita di San Francesco, opere di pittori quali Tiarini, Colonna, Tamburini, Coriolano.

La Madonna sulla colonna della Piazza, nell’iconografia dell’Immacolata, è di Giovanni Tedeschi, del 1638: dal 1948 è oggetto dell’omaggio floreale della popolazione, l’8 dicembre, festa dell’Immacolata, nella tradizionale fiorita, l’omaggio floreale alla Vergine. I Francescani hanno una lunghissima tradizione di devozione all’Immacolata Concezione.

Nella stessa piazza, il giorno dell’Ascensione, durante una tradizionale sosta nella risalita della Venerata Immagine della Madonna di San Luca al suo santuario, si impartisce una solenne benedizione, che vede la piazza letteralmente gremita, e costituisce un appuntamento irrinunciabile dei bolognesi.

A completamento ricordiamo che le due statue di marmo dei santi Francesco e Antonio che erano sopra i due usci laterali, che dal presbitero della cappella maggiore passavano al coro, furono trasportate nella Basilica di S. Petronio, davanti al coro.

 

[1] Alfonso Rubbiani , Bologna1848 – Bologna1913, è stato letterato e restauratore

[2] Innocenzo III, nato nel 1161, fu il 176º papa della Chiesa cattolica dal 1198 fino alla morte in Perugia il 16 luglio 1216.

[3]  Gregorio IX,1170-1241, 178º papa della Chiesa cattolica dal 19 marzo 1227 alla sua morte.

[4]La statio, è, storicamente, innanzitutto, una veglia, accompagnata dal digiuno, con la quale ci si prepara a vivere un avvenimento importante. La statio ci rimanda all’immagine della sentinella che vigila nell’accampamento. Concretamente, la statio diventa poi l’incontro della comunità cristiana che si raduna presso una parrocchia o santuario.

[5] “Seliciata” era in termine in uso per indicare una pavimentazione a blocchi di pietre variamente squadrate. In Bologna ci sono diverse piazze indicate con questo termine